Juan José Morosoli - RACCONTI
Juan José Morosoli - RACCONTI
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Si può dire che le due coordinate fondamentali della narrativa di Morosoli, cioè l’uomo e il paesaggio, hanno un denominatore comune: l’essere elementari e sostanzialmente umili.
I suoi protagonisti non sono i contadini tradizionali, eredi del mondo gauchesco che in parte hanno perso e che popolano una affermata scuola narrativa in Uruguay; sono paesani, abitanti di una zona intermedia, non più le enormi distese rurali e non ancora l’ambito urbano. Sono figure solitarie, silenziose, che il lettore impara a compatire fin da subito. Le loro vicende sono sempre soprattutto interiori e legate alle situazioni primordiali della condizione umana: la crescita, l’abbandono, la perdita, la morte, l’affetto, la speranza.
E questa è la ragione forse per cui anche oggi il lettore, lontano dal mondo vissuto da Morosoli, viene catturato dalle sue storie, coinvolto dalle vicende di personaggi che magari non si vedono più, ma che con un linguaggio specifico di un territorio, dal tono colloquiale, talvolta attraversato dall’ironia e dall’umorismo, talvolta sommerso da una profonda malinconia, toccano punti intimi in cui ci si riconosce. (Dalla prefazione di Martha Canfield)
“Andrada non ha bisogno di nient’altro che un amico, e ce l’ha: è il bosco, dove, come una pianta qualsiasi, assimila in silenzio sole e tempo e morte. Un giorno lo tirano su, ormai definitivamente solo. Sul suo sonno erano calati albe e tramonti, dove giaceva il suo corpo l’erba appariva come sbiadita, e nell’ampio pascolo luccicava una farfalla gialla, tatuata nel verde acceso delle gramigne. Questo lasciava Andrada nella vita, andandosene via con la morte. Nient’altro che un’impronta, non più estesa del volo di una farfalla nello spazio infinito…”
Il libro è stato tradotto da M. Fernández
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